mercoledì 24 febbraio 2016

Le origini del Linguaggio



Le origini del linguaggio


Diceva Paolo Del Pozzo Toscanelli, insigne matematico e cartografo del '400, precursore della scoperta dell'America, che "Buscar il levante para occidente" è più semplice che circumnavigare l'Africa. 
Questo per introdurre il linguaggio umano da un altro punto di vista, quello paleo antropologico. Attraverso le ricerche del maestro francese Yves Coppens, di cui posseggo tutti i lavori, si può dimostrare l'evoluzione del linguaggio umano attraverso i calchi endocranici degli uomini fossili. Il risultato è sorprendente! 



Arteria meningea media nell'uomo moderno. Resposabile dell'irrorazione delle aree del linguaggio di Brocà e di Wernicke. Questi calchi endocranici si sono scavati nell'osso e mantenuti fino a noi.



Il linguaggio è sempre stato considerato la caratteristica distin­tiva della specie umana, la barriera ultima che divide 1'uomo dagli animali. Da un punto di vista semiotico il linguaggio non è altro che un codice di comunicazione, dotato però di caratteri strutturali peculiari. Tra i più importanti vi è il carattere della doppia articolazione cioè la possibilità di analizzare un segnale secondo due livelli: in segni, corrispondenti a fattori del signifi­cato, e in figure, non corrispondenti a fattori del significato. Un codice può essere doppiamente articolato, articolato solo su uno dei due livelli o infine non esserlo affatto: il linguaggio umano appartiene al primo gruppo in quanto le frasi sono analizzabili in segni (le parole), a loro volta scomponibili in figure (i fonemi). La doppia articolazione permette di creare e comprendere un numero infinito di nuove parole e frasi ricom­binando fonemi e parole per mezzo di regole; di conseguenza il nostro linguaggio è aperto o infinitamente produttivo. Anche altri codici di comunicazione sono aperti, ma presentano artico­lazione su uno al massimo dei due livelli e mancano di vere e proprie regole di ricombinazione, in particolare della sintassi. Di conseguenza il linguaggio umano si presenta come un codice decisamente unico.



Arteria meningea media nell'uomo moderno a confronto con quella dell'uomo di Neanderthal. Da notare le due aree del linguaggio. Quella di Brocà responsabile dell'articolazione e della sintassi e quella di Wernicke responsabile della comprensione. Allora il problema era capirsi. L'area di Vernicke era meno irrorata.



La questione dell'origine di tale codice, che ha suscitato interesse fin dall'antichità, era generalmente risolta chiamando in causa 1'intervento divino. Comunque più che dell'origine, ci si interessava di stabilire quale fosse la lingua originaria dell'u­manità. È noto a questo proposito l'aneddoto narrato da Ero­doto sull'esperimento compiuto da Psammetico re di Pitto, che fece allevare in isolamento due neonati per vedere quali parole, appartenenti a quale lingua, avrebbero pronunciato per prime senza insegnamento: poiché la loro prima parola fu dekós, simile a quella frigia per pane, Psammetico ne dedusse che la prima lingua dell'uomo doveva essere stata quella Frigia.



Arteria meningea media nell'uomo di Neanderthal. Resposabile dell'irrorazione delle aree del linguaggio di Brocà e di Wernicke



Non mancano neppure tentativi di ricostruire la lingua origi­naria dell'umanità ricercando le radici comuni a tutte le lingue e arrivando alla compilazione di veri e propri dizionari della lingua primitiva; inoltre fino al XIX secolo si ha un proliferare di teorie, basate solo su speculazioni, che vedono 1'origine del linguaggio nell'imitazione delle voci degli animali, nella mimi­ca, nel canto ecc. Con queste premesse è giustificata la decisio­ne della Societé de Linguistique di Parigi che nel 1886 pone tra i primi articoli del suo statuto 1'avvertenza che non verranno accettate comunicazioni riguardanti 1'origine del linguaggio, trattandosi solo di speculazioni oziose.
Negli ultimi decenni stiamo invece assistendo a un rifiorire dell'interesse per il problema dell'origine e dell'evoluzione del linguaggio, che viene però affrontato dalle scienze empiriche: la speculazione teorica ha lasciato il posto all'anatomia compara­ta, alla paleontologia e ad altre scienze, ognuna delle quali può offrire contributi importanti al progresso delle conoscenze su questo argomento, mentre il compito di definire il linguaggio e i suoi caratteri è passato alla linguistica.



Arteria meningea media nell'homo erectus. Le due aree sono meno irrorate. Il linguaggio era gutturale con richiami parentali solamente.



Da un punto di vista biologico le capacità linguistiche dell'uo­mo sono legate alle caratteristiche anatomiche e fisiologiche dell'apparato vocale e del sistema nervoso. A livello anatomo - ­fisiologico i primati non umani sono gli esseri più vicini a noi: un esame comparativo dell'apparato vocale e del sistema nervoso dell'uomo e degli altri primati può costituire un utile punto di partenza per la ricerca dell'origine del linguaggio, poiché può evidenziare quanto la comunicazione verbale umana sia basata su caratteristiche anatomiche e fisiologiche proprie dell'uomo e quanto invece sia dovuta a fattori più generali condivisi anche dagli altri primati. Altrettanto utile si presenta la ricostruzione negli ominidi fossili delle strutture anatomiche implicate nelle funzioni linguistiche, poiché ci può permettere di individuare le tappe principali che hanno portato 1'uomo al linguaggio.


Arteria meningea media nell'homo habilis. Il ragazzo del Turkana era bipede, riconosceva i parenti, ma era privo di linguaggio articolato.



Dal confronto tra 1'apparato vocale umano e quello degli altri primati risulta chiaro che 1'uomo ha migliori capacità fonatorie, soprattutto per la maggior possibilità di risonanza del tratto vocale sopralaringeo. Questo è costituito fondamentalmente dalla cavità orale e da quella faringea, le quali fungono appunto da camere di risonanza per i suoni prodotti dalle vibrazioni delle corde vocali e modificano forma e dimensioni a seconda dei tipi di vocali e consonanti emesse. La cavità orale, che si presenta nell'uomo accorciata e allargata, è divenuta più duttile ai cam­biamenti di forma e dimensioni richiesti dall'articolazione dei suoni del linguaggio, la mascella e la mandibola si sono allegge­rite; il palato si è fatto più ricurvo e il pavimento orale è costituito in gran parte dal diaframma genioioideo. 




Arteria meningea media nell'australopithecus robustus. Assenza di linguaggio. Infatti oggi si ritiene che sia solo un ramo collaterale degli ominidi




Inoltre la cavità faringea dell'uomo è proporzionalmente più estesa di quella degli altri primati e ciò è dovuto essenzialmente alla discesa della laringe nel collo, cosa che ha fatto perdere il contatto tra epiglottide e palato molle. Si è formata così una porzione sopralaringea della faringe che sbocca ad angolo retto nella cavità orale, configurazione tipicamente umana. Infine la lingua si è spinta indietro fino a costituire con la sua base il margine anteriore della cavità faringea da un lato e quello posteriore della cavità orale dall'altro: essa è divenuta in tal modo un elemento di continuità tra le due cavità, in grado di modificare contemporaneamente con i suoi movimenti le di­mensioni e la forma di entrambe. Il tratto sopralaringeo dell'uo­mo può così funzionare come un organo a due canne capace di produrre una notevole quantità di variazioni sui suoni emessi dalla laringe. Il suo valore adattativo è stato quello di estendere il numero dei segnali vocali producibili rispetto a quelli emessi dagli altri primati, nei quali il tratto sopralaringeo funziona invece come un organo a canna unica a causa della mancanza di una porzione sopralaringea della faringe e dell'impossibilità della lingua di costituire un elemento di continuità tra la cavità orale e quella faringea.



Arteria meningea media nell'australopithecus africanus. Linguaggio assente. Più si scende nella scala evolutiva e più ci si rende conto che il linguaggio è una prerogativa della'interpretazione e comunicazione. 



Philip Lieberman ha ricostruito il tratto sopralaringeo di alcuni ominidi fossili per vedere quando nel corso dell'evoluzio­ne si sia sviluppato un tratto vocale simile a quello attuale con le sue possibilità articolatorie. Egli ha rilevato che il tratto sopra­laringeo umano a due canne è presente in alcuni ominidi fossili, assente in altri e presente in altri ancora in forma intermedia. In particolare ne risulta che l'uomo di Neandertal non aveva la possibilità di produrre il triangolo vocalico [a], [i] e [u], che rappresenta il massimo grado di restringimento e allargamento delle cavità orale e faringea, e quindi non poteva avere un linguaggio verbale articolato come il nostro; tale possibilità si riscontrerebbe invece, in esemplari di Homo sapiens più antichi e più recenti. Nel corso dell'evoluzione, nell'emisfero sinistro dell'encefalo umano sono comparse aree neocorticali associative, definite aree del linguaggio, deputate alla discriminazione, comprensio­ne e produzione di messaggi e segnali verbali. In particolare 1'area di Wernicke, posta nel giro temporale superiore, è specia­lizzata nell'identificazione e nella selezione di consonanti e vocali, mentre 1'area di Broca, posta nel giro frontale inferiore, presiede alla rapida combinazione dei fonemi in sequenze verbo-motorie unitarie. Le strutture interposte tra le aree di Broca e di Wernicke e le loro connessioni reciproche, cioé il lobulo parietale inferiore, il giro sopramarginale e il fascicolo arcuato, assicurano il collegamento dinamico tra le due attività di ricezione e produzione dei suoni del linguaggio e mediano il controllo acustico e cinestetico sull'espressione orale.


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